Celebrato con sobrietà e prudenza l’anniversario
Lo scorso 30 agosto, in occasione del 67mo anniversario dalla Lacrimazione della Madonna di Siracusa, sul sagrato della Cripta della città ha avuto luogo la prima celebrazione solenne del triduo di preparazione alla festa il cui culmine avverrà il prossimo primo settembre.
La celebrazione è stata presieduta da S.E. Mons. Rosario Gisana, Vescovo di Piazza Armerina. Celebrazione alla quale hanno preso parte le diverse associazioni che operano al servizio degli ammalati, tra cui l’Unitalsi, che ha un legame forte con questo santuario dove, ogni anno ha luogo il pellegrinaggio di sezione. All’incontro presenti le rappresentanze delle sottosezioni dell’Unitalsi di Siracusa, Lentini, Piazza Armerina ed Enna; l’associazione dei sordomuti, il movimento apostolico ciechi.
Il Presidente della Sottosezione di Siracusa, Gabriele Burgio nei suoi saluti iniziali si è soffermato sul significato che l’incontro assume per l’Unitalsi “per noi, spiega Burgio, è il primo incontro dopo che la pandemia ci costretti a stare lontani. Ma, questo tempo, -afferma il Presidente della sottosezione di Siracusa- non è stato un tempo perso; ma, è servito a capire quando siamo bisognosi dell’amore di Dio; di quando abbiamo bisogno, come i bambini, di poter mettere la nostra mano in quelle di una Madre che sappia condurci con piccoli passi verso nuovi passi di coraggio e di ricostruzione. Le lagrime di Maria sono lagrime di sofferenza per noi e per il mondo a causa dei nostri comportamenti, ma allo stesso modo sono la linfa di intercezione e di amore che ci fanno sentire e vedere che Dio e sua Madre soffrono con noi ma che il loro progetto è quello di liberarci da tutto questo; dall’indifferenza verso il nostro prossimo, nei riguardi dei poveri e di quelli più lontani. Ciò che l’Unitalsi ha voluto chiedere durante questa celebrazione a Maria e a suo figlio è quello di poter iniziare nuovamente le proprie attività al servizio degli ammalati, attività sospese a causa del Covid19, ma l’unione alla preghiera ci dà il coraggio e ci permette di stare uniti anche se spiritualmente – conclude il Presidente della sottosezione di Siracusa- “. Dopo, ci sono stati i saluti di don Salvatore il quale facendo, riferimento agli ammaliati, li ha definiti come coloro che portano sul loro corpo una particolare partecipazione alla passione di Gesù.
In questi giorni, spiega Don Salvatore, siamo chiamati a contemplare il quadretto della Madonna e chiederle di fare comprendere quale sia il suo messaggio con le sue lacrime di tenerezza, lacrime che manifestano la misericordia di Dio e l’vicinanza ai suoi figli e a Lei bisogna affidarsi conclude don Salvatore. Mons. Rosario Gisana ha poi manifestato la sua devozione alla Madonna della Lacrime, raccontando che quando si trovava a Noto per svolgere il suo ministero, molte volte si recava nel Santuario di Siracusa dove si accostava al sacramento della confessione e per questo motivo presiedere la messa d’inizio del triduo di preparazione in cui viene onorata la discepola di Gesù per eccellenza, Maria, ha assunto un significato particolare per il vescovo Armerino, il quale, rivolgendosi ai volontari, ha chiesto di essere loro i consolatori degli ammalati così come lo è stata Maria, consolatrice degli afflitti. Maria, spiega ancora Sua eccellenza il vescovo, assume un doppio ruolo, nella storia della salvezza, quello di Madre-figlia di Dio e quello di discepola del suo stesso Padre-figlio. Nel rivolgere il suo saluto ai presenti e soprattutto agli ammalati il vescovo Armerino fa sue le parole di Don Salvatore; “Voi ammalati che portate la passione di Gesù e mentre vi conformate a lui con il vostro dolore ci ricordate che noi siamo chiamati a fare ciò”.
Nel prendere spunto di ciò, Mons. Rosario Gisana, si è soffermato sul fatto che Maria è la consolatrice degli afflitti, titolo che ritroviamo nelle giaculatorie delle litanie che è legata a una gestualità legata al nostro modo di vivere, alle nostre relazioni. Molto spesso basterebbe un’attenzione semplice, cordiale nei confronti delle persone che soffrono, un sorriso, un abbraccio oppure uno sguardo attento per poter comunicare la consolazione del Signore, basta veramente poco per rendere una persona felice, la sua stessa presenza è, per chi crede motivo di felicità, così come avvenne in Maria quando, a pochi giorni dal parto incontra Elisabetta sua cugina. Questo incontro è stato, un’esplosione di felicità. La felicità dell’altro è anche il motivo per il quale noi esistiamo che dà senso della consolazione. Riferendo al miracolo della lacrimazione del quadretto della Madonna avvenuto a Siracusa, Mons. Gisana, dice che esso sta a significa che il Signore, attraverso la Madre, prova commozione perché noi; incontrandolo potremmo trovare la felicità. Il nostro scopo quindi, deve essere quello di metterci nelle condizioni di trovare la felicità e di rendere felice l’altro: solo così possiamo cambiare la nostra prospettiva. Il senso della nostra vita non deve essere quello di soddisfare i nostri desideri ma quello di vedere nell’altro, con cui ci relazioniamo la felicità. Questo deve essere il senso di questa festa che ci prepariamo a vivere.
Il progetto di Gesù è stato proprio questo, rendere felici le persone che incontrava durante il suo pellegrinaggio sulla terra. Gesù usa la guarigione come strumento per donare la felicità. Ma cosa sarebbe la nostra vita se non donassimo la felicità? – si chiede Mons. Gisana- non ci vuole tanto per rendere una persona felice, gesti semplici ma con molto trasporto. Bisogna essere molto comunicativi per rendere felici gli altri così come faceva Gesù quando incontrava qualcuno. Gesù spoglio sé stesso pur essendo di natura divina per diventare un uomo allo scopo di rendere felici gli uomini. Quindi, che cosa è la felicità per noi Cristiani? – si chiede ancora Mons. Gisana- la felicità è la presenza del Signore Gesù-Cristo colui che si è incarnato e ci ha fatto incarnare dalla Madre di Dio di cui anche per certi versi viviamo la sesta generalità. Noi, oltre a consegnare i nostri bisogni -sottolinea Mons. Gisana- dobbiamo impegnarci ad avere compassione verso gli altri affinché anche gli altri affinché si sentino accompagnati da Dio così come ha fatto Gesù. Ma fare del bene agli altri non ci deve spingere a metterci al centro dell’altri, per farci dire quando siamo bravi, ma il gesto deve essere nascosto, umile solo così ci può essere la presenza di Dio. Affinché questo avvenga è necessario riuscire a comunicarlo nelle nostre comunità; l’amore fraterno a cui ci invita diventa esemplare come testimonianza e di stimolo per chi crede che i cieli e la terra sono passati e adesso cominciano le cose nuove una terra nuova, un cielo nuovo. Siamo noi, a raccogliere questa profezia che ci permette di dire che il cielo e terra s’incontrino nella nostra testimonianza discepolare di colei che ci guida e ci apre la strada; noi dietro Maria, Maria dietro Gesù, e insieme esprimiamo ciò che il Signore desidera per la chiesa che è testimonianza viva di verità e libertà.
di Andrea Fornaia – sottosezione di Enna
Pubblicato il 2 Settembre 2020