Quel che resta del pellegrinaggio diocesano e regionale dell’Unitalsi
Ha lasciato il segno nella mente e nel cuore di chi vi ha partecipato il pellegrinaggio regionale e diocesano a Lourdes organizzato da Unitalsi Toscana. All’iniziativa avevano aderito 530 pellegrini, provenienti da ogni angolo della nostra regione: tra queste 160 persone malate o con disabilità, accompagnate da 170 volontari (di cui 25 giovani). Più di 180 pellegrini erano partiti martedì 17 settembre in aereo appositamente noleggiato dall’aeroporto Galileo Galilei di Pisa.
La sera prima altre centinaia di persone erano partite a bordo di 8 pullman (di cui 4 attrezzati per il trasporto di malati in carrozzina o barellati) da Firenze, Viareggio e Grosseto per riunirsi ai pullman provenienti dall’aeroporto di Lourdes-Tarbes la mattina seguente. Insieme ai pellegrini hanno viaggiato l’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto, il vescovo emerito di Grosseto (e assistente regionale Unitalsi) Rodolfo Cetoloni, una ventina di sacerdoti e diaconi. Momenti salienti del pellegrinaggio: la Messa Internazionale, quella alla Grotta e la processione eucaristica tutte presiedute dal nostro Arcivescovo -la processione con le fiaccole e le celebrazioni di apertura e chiusura del pellegrinaggio in Santa Bernadette presiedute da monsignor Cetoloni. Stanchi, ma felici i pellegrini di ritorno nelle loro sedi. Cosa resterà di questa esperienza? «Un pellegrinaggio a Lourdes – osserva l’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto – è sempre un esperienza molto forte e intensa, un occasione per un vero esercizio spirituale». Un pellegrinaggio alimentato dalla speranza che, certo «può configurarsi come un prologo al pellegrinaggio giubilare che vivremo nella normalità della vita di tutti i giorni, e che aiuterà molti a ritrovare il senso della propria fede». «Abbiamo bisogno di riaccendere desiderio e attesa» osserva monsignor Rodolfo Cetoloni, ricordando come apparendo a Lourdes Maria ha invitato l’umanità alla conversione e alla pulizia interiore.
FOCUS SUL VOLONTARIATO
Chi scrive si è recato a Lourdes tante volte, aggregandosi, generalmente, a iniziative parrocchiali. Con mia moglie abbiamo sempre visto centinaia di persone su carrozzelle e lettini e il primo sentimento che abbiamo provato è stato di semplice compassione verso quelle persone. Un impressione esteriore. Quest anno, partecipando al pellegrinaggio dell’Unitalsi della Toscana, ci siamo fatti compagni di viaggio di persone malate e con disabilità, ma anche di tanti volontari che le aiutano con professionalità, pazienza e tenerezza: condividere con tutti loro i vari momenti delle celebrazioni ha trasformato quella impressione in una forte emozione interiore. Giampiero Bagnati, presidente di Unitalsi Toscana, osserva come anche la sua associazione – come moltissime altre – soffre di insufficiente ricambio generazionale. Purtuttavia, «nel luglio scorso siamo riusciti ad organizzare un pellegrinaggio a Lourdes con la partecipazione di circa 250 under trenta. La nostra forza è il cuore – ci confida perché con la gioia negli occhi e con il sorriso riusciamo ad avvicinare chiunque e aiutarlo anche nelle cose quotidiane della vita». L’importanza della formazione:«ai volontari sono offerti diversi percorsi formativi.
Quest’anno, ad esempio, abbiamo riflettuto sulla psicologia del malato, su come approcciarsi a lui e rispondere alle sue domande. Nel prossimo anno l’attività formativa si concentrerà sulle buone prassi di primo soccorso». Era con noi a prestare il suo «servizio» anche madre Tosca Ferrante, per anni responsabile della comunità di Suore Apostoline che ha sede nella parrocchia universitaria di San Frediano e adesso superiora generale della congregazione. «C è sempre più bisogno di essere pellegrini qui a Lourdes – ci confida suor Tosca – perché qui, oltre ad incontrare le radici di una storia, c è una realtà ancora più grande che è quella del dolore e della sofferenza di tante persone. Una sofferenza “trasfigurata”, cioè avvolta dalla tenerezza e custodita nella speranza. Per chi come me è venuto per un servizio, è veramente la possibilità di incontrare il volto di Gesù in quello dei malati. Qui si vive l’emozione in un modo amplificato. La sfida è quella di trasformare questa emozione in sentimento: la prima passa, il secondo rimane. Ma affinché si realizzi pienamente questa trasformazione, occorre fare scelte concrete quotidiane che portino a scegliere di fare del bene». Riavvolge il nastro di questa esperienza Riccardo Pieracci, presidente della sottosezione Unitalsi di Pisa. «Le immagini che più porterò dentro dopo questa esperienza? Il grande crocifisso all ingresso del Santuario, che invita subito alla preghiera e alla serenità. La Messa internazionale, dove pellegrini di tante nazioni e condizioni diverse si ritrovano vicini per partecipare allo stesso banchetto. La processione eucaristica, durante la quale Gesù è passato tra noi, ci ha benedetto e, forse, ci ha sanato nel cuore e nell anima. Infine la processione mariana con la bellezza di quelle piccole candele accese che sono un messaggio di pace per tutti». L’abbraccio di pace tra l arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto e il vescovo emerito di Grosseto Rodolfo Cetoloni, assistente regionale dell’Unitalsi Toscana
Foto servizio di Gabriele Ranieri – Vita Nova
Pubblicato il 3 Ottobre 2024