È giovedì pomeriggio, c’è vento, tanto vento. Ma è un vento che spazza via le nuvole, lascia spazio solo al sole e fa sembrare ancora più bello il Centro Sportivo “Francesco Antonazzi” di Morlupo. “Ora lo vedi così, ma quando siamo arrivati, nel 2020, era un campo abbandonato da anni ed era situazione veramente assurda. Ci abbiamo messo tanto, ora è di nuovo un impianto meraviglioso”. Adriano Conti guarda il campo e sorride, sa quanto lavoro c’è dietro e quanto ancora ce ne sarà. È uno dei tecnici del Primavera Rugby, la squadra che tra Roma e Morlupo utilizza questo sport per veicolare ai giovani i valori tipici di questa disciplina. E anche qualcosa di più.
“La Primavera Rugby nasce 50 anni fa a Roma e siamo arrivati a Morlupo cinque anni fa. Qui prima c’era il Flaminia Rugby, che con il Covid chiuse i battenti, e noi avevamo una relazione importante con loro: i bambini che diventavano grandi venivano a Roma a giocare con noi. Così a gennaio 2020 arrivammo a Morlupo, iniziammo le attività per chiudere subito dopo a marzo, con il lockdown”. Il seme, però, era stato gettato: il territorio aveva sempre risposto bene e di sport, poi, ce n’è sempre bisogno. “La fortuna nella sfortuna della pandemia è che iniziammo a dialogare con l’Amministrazione Comunale di Morlupo che ci diede in gestione questo impianto. Poi quando il Covid lasciò la sua tenaglia, tornammo a fare attività all’aria aperta, portando quello che abbiamo sempre fatto a Roma per anni”.
Dopo cinque anni di attività, oggi i partecipanti sono più di cinquanta. “Una crescita importante per il rugby, che non è il calcio. Così abbiamo deciso di alzare la posta e portare anche qui un altro nostro progetto: il Rugby Autismo”. Gli occhi di Adriano si illuminano ancora di più, non ha mai smesso di sorridere e di ridere per tutto il tempo della nostra chiacchierata, ma quando inizia a raccontare di come è iniziato tutto, lo sguardo è diverso. “Siamo partiti 13 anni fa, a Roma, con 4 bambini con autismo che erano fratelli di bambini normotipici che giocavano con noi. I genitori ci dissero: ma perché non proviamo anche con loro? Inizialmente per noi fu un po’ uno shock, nel senso positivo: il rugby è un gioco di combattimento, di contatto, l’autismo è isolamento. Anche la nostra preparazione tecnica non era specifica, così ci siamo fatti affiancare da una psicoterapeuta e ci siamo lanciati in questa sfida”.
Erano partiti in quattro, lo scorso anno hanno superato i 60 tesserati. “60 partecipanti con disturbo dello spettro autistico che ogni sabato si allenano, 60 partecipanti dai cinque anni ai quaranta, c’è anche un sessantenne, il nonno del gruppo, ed è bellissimo, perché vedi in loro una crescita. Molti bambini, oggi, sono iscritti nel campionato federale e possono giocare con i normotipici. È fquesta la vera inclusione”. Un’inclusione che ora arriva anche a Morlupo e nelle scuole della nostra zona. “Il rugby ancora non è permeato nella cultura nazionale, così abbiamo iniziato a girare le scuole per promuoverlo e ci siamo resi conto che in ogni gruppo classe c’era almeno un bambino con disturbo dello spettro autistico. Quindi ci siamo detti, perché precludere anche a loro questa possibilità?”. Così, da tre anni, la Primavera Rugby apre le porte ai bambini e alle bambine con autismo e alle loro famiglie. “E si fa sport tutti insieme. Abbiamo iniziato con un bambino, poi due, tre, adesso sono una decina e vengono da tutti i Comuni. Così abbiamo creato relazioni importanti: abbiamo lavorato con la meravigliosa associazione “I ragazzi di Azzurra”, con l’Unitalsi, grazie al Comune di Morlupo abbiamo lavorato con il Consorzio Valle del Tevere e offriamo sport e attività gratuita a tanti bambini perché, lo sappiamo, lo sport è salute, lo sport è benessere, lo sport è relazione, lo sport è uscire da una comunità scolastica e arrivare a un’altra comunità”. Creare comunità, fare rete, costruire una squadra, che è un po’ come costruire una famiglia. Non è un caso che Adriano per parlare di Morlupo utilizzi un termine preciso: “casa”. “In 50 anni di vita la Primavera Rugby è sempre stata in affitto, qui invece abbiamo firmato una nuova concessione e per almeno 10 anni saremo qui. E noi ci siamo innamorati di questo posto: veniamo tutti da Roma, abbiamo tutti un altro lavoro, perché il rugby in Italia non è professionistico, ma quando arriviamo qui siamo sempre con il sorriso”.
Lo stesso sorriso che ha Adriano mentre mi racconta la prima trasferta con il Rugby Autismo, a Genova, con quattro famiglie di Morlupo e ventuno di Roma, a vedere la nazionale e poi l’acquario. “E quest’anno andremo a Torino, in treno, per Italia Sudafrica, Museo Egizio e un allenamento congiunto con un’altra squadra inclusiva di Torino”. Una nuova esperienza da fare insieme. Ed è questa un’altra parola chiave del racconto di Adriano, del progetto Rugby Autismo e, in fondo, del rugby stesso, l’unico sport che ha un terzo tempo dove si mangia e si beve con arbitri e avversari. E anche a Morlupo si fa sport insieme, si sbaglia, si impara, ci si mette alla prova, si rincorre un sogno e un pallone. Si cresce, dentro e fuori un campo. Si cresce insieme, anche grazie al rugby.
Pubblicato il 8 Ottobre 2025