Lourdes la mia rinascita. Gli ammalati e l’Unitalsi speranza e futuro di tutti

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di Liistro 

Buon giorno, mi chiamo Gaetano Liistro, ho 41 anni, abito a Floridia, in Provincia di Siracusa, faccio parte della mia Parrocchia MARIA S.S. DEL CARMELO e svolgo il servizio come ministro straordinario della santa eucarestia, e faccio parte dell’Unitalsi  da circa 8 anni. Scrivo questa testimonianza a lode del Signore, io a 14 anni, ho perso mamma per un tumore alla mandibola, da lì pochi mesi mi sono trovato da solo, triste, senza alcun motivo di vivere. Nonostante che mio padre e la mia famiglia mi stava vicino. Un giorno, mi sono recato al Santuario della Madonna delle lacrime di Siracusa, e chiedevo alla Madonna che cosa volesse da me, di farmi capire il perché di tutto questo, per caso incontrai un amico mio Rosario Russo, dove mi invitava a fare una esperienza forte di servizio verso i nostri fratelli ammalati. LOURDES!!!! Si arriva a Lourdes pensando che sia una meta da raggiungere, ma spesso diventa un punto di partenza verso un cambiamento che avviene dentro di noi.

La mia prima volta a Lourdes fu circa 10 anni fa; partii pensando di andare a donare qualcosa agli altri. Preciso che per me era importante andare a fare volontariato, perché, attraverso la malattia di mia mamma e l’amicizia con persone diversamente abili, avevo scoperto l’importanza e la bellezza della solidarietà e della condivisione. Il mio amico Rosario Russo mi parlava spesso di Lourdes dove si era recato lui anni prima; quando ne parlava scuoteva la testa e con voce rotta dall’emozione mi diceva: «Non te lo posso spiegare cosa è Lourdes…». Da parte mia non capivo, pensavo che la Madonna si potesse pregare in qualsiasi luogo. Dopo qualche anno dalla morte di mia mamma, per caso ascoltai la testimonianza di una signora che si era recata a Lourdes per accompagnare gli ammalati e capii che era l’occasione giusta per poter partire. Capii in seguito il progetto di Dio.


A Lourdes ho sentito forte la vicinanza e l’amore della Madonna come non mai; ho assaporato cosa sarà il paradiso; sono cambiate le priorità e il modo di vedere la vita; ho capito che Dio mi amava e che voleva altro da me. Lourdes è un cammino di fede che si compie ogni giorno, è condivisione vera. Lourdes è contraddittoria perché si incontra la sofferenza, ma nello stesso tempo la gioia vera.
A Lourdes realizzi che nulla è scontato; anche un semplice gesto è un dono. A Lourdes non si distingue più chi è l’ammalato e chi è il volontario, perché scopriamo che siamo tutti ammalati nel corpo o nell’anima e tutti abbiamo bisogno di amore; molto spesso è l’ammalato ad aiutarti; nascono amicizie sincere che durano negli anni per questo ringrazio Teresa Burgio che insieme a Rosario Russo sono stato i filtri che mi hanno condotto a questa nuova realtà, perché condividere certi momenti forti ti lascia un segno scolpito nel cuore che nessuno può togliere. In quei momenti capisci che tutti facciamo parte di un disegno più grande di noi.

Molte sono le persone che partecipano al pellegrinaggio per chiedere la guarigione fisica che tanti ricevono. Ma, davanti alla grotta, ricevi l’abbraccio di Maria, che dona la forza, il coraggio e la speranza di andare avanti nonostante gravi malattie e problemi. Davanti alla grotta senti il calore dell’amore di Dio che porta alla guarigione del cuore, alla conversione. Ne è esempio il nostro fondatore Giovan Battista Tomassi che, affetto da una grave malattia degenerativa che l’aveva portato a stare in carrozzina, nel 1903 decide, sentendo parlare di miracoli e guarigioni, di partecipare a un pellegrinaggio a Lourdes con l’intento di spararsi davanti la grotta, qualora la Madonna non l’avesse guarito. Arrivato a Lourdes fu colpito dall’amore vicendevole tra ammalati e volontari e il suo cuore cambiò e così consegnò la pistola che aveva con sé al sacerdote che l’aveva invitato a partire. E rivolgendosi alla Madonna disse: «Ha vinto lei». Tornato in Italia ha fondato la nostra associazione “Unitalsi”, composta da soci volontari, ammalati e pellegrini. Tutti insieme formiamo una grande famiglia. In questi anni di pandemia siamo stati poco insieme, io un po’ mi sono allontanato per motivi familiari e lavorativi, ma l’affetto che ci lega ci tiene sempre uniti. In questi anni di servizio nell’Unitalsi tante sono state le persone che ho visto partire con il volto preoccupato e lo sguardo basso di chi si porta dentro i propri affanni, volti che vedi cambiati al ritorno, con sguardi pieni di luce serenità e speranza che solo la Mamma Celeste può dare.

Lo scorso agosto, mi sono recato a Lourdes, dopo un po’ di anni che ero fermo come pellegrinaggi, una signora a Lourdes, mi ha fatto questa domanda: Ma perché sei venuto qui a Lourdes?”. Io ho detto che Trovare una risposta comune sarebbe pressoché impossibile, perché ciascuno si sente chiamato per motivi diversi. Però, potremmo dire che l’esperienza a Lourdes ruota attorno a tre dimensioni principali, che ti segnano nel profondo e ti fanno tornare a casa con la sensazione di essere cambiato.

La prima dimensione è sicuramente la cura verso gli ammalati. Da questo punto di vista, Lourdes appare quasi come un mondo al contrario: tutte le persone che normalmente nella società sono più emarginate, o addirittura abbandonate a loro stesse, in questo luogo sacro vengono messe al centro e i volontari di ogni nazionalità accorrono ad aiutarle, a farle sentire meno sole. Questa attenzione nei confronti dell’altro dà speranza in un mondo come il nostro che sembra dominato dall’egoismo e dall’individualismo. Sempre quest’ottica di servizio ci insegna a guardare l’altro con occhi d’amore, ad andare oltre le apparenze e a scoprire che ciascuno di noi è un dono di Dio, anche se esso talvolta può celarsi dentro un corpo infermo o affaticato.

La seconda dimensione è quella ecclesiale, che ci fa sentire parte di una Chiesa universale, in grado di superare qualsiasi confine linguistico e culturale. Il pregare insieme, come durante la messa internazionale, ci ha fatto riflettere sull’importanza della pace che viene chiesta a gran voce per i Paesi attualmente in guerra e che può essere veramente raggiunta partendo dal sentirci una comunità, unita nella fratellanza e fondata sull’amore sincero verso il prossimo.

L’ultima dimensione è l’esperienza più personale, il dialogo raccolto e silenzioso con noi stessi e con Dio, che Lourdes è in grado di suscitare. È quest’ultimo livello che, con l’aiuto dei primi due, ci ha permesso di sostare, scavarci dentro e cambiare prospettiva di fronte alle prove che la vita ci pone. Non è sempre facile lasciarsi provocare dalle domande, e non è facile nemmeno darsi il tempo per cercare delle risposte, però questa esperienza è stata come una boccata d’aria fresca che ci ha permesso di respirare profondamente e di trovare uno spazio per noi e il nostro cammino di fede.

Oggi ringrazio Il Signore, x oltre alla famiglia dell’Unitalsi, sono un Ministro Straordinario dell’eucarestia, ogni domenica insieme agli altri volontari della mia parrocchia, portiamo Gesù agli ammalati. Concludo dicendo che a Lourdes, come nella vita, non è necessario essere medici o infermieri per prendersi cura di una persona con un corpo un po’ più fragile del nostro. Bastano dolcezza, ascolto e un po’ di riposo notturno per affrontare il giorno seguente con entusiasmo e regalare (e ricevere) un sorriso o una parola d’affetto.

 


Pubblicato il 25 Ottobre 2024