Intervista a Mara Moretto responsabile della sottosezione Unitalsi di Adria-Rovigo che racconta la fede vissuta accanto alla fragilità
Guardando alla mia esperienza di fede posso dire che vocazione è dare ascolto ad un inquietudine che ti spinge a cercare percorsi, persone, situazioni che ti portano a fare scelte, a compiere azioni che ti fanno stare bene. Le pagine del Vangelo che hanno sempre provocato e guidato la mia vita sono state laparabola dei talenti e le figure diMarta e Maria.
Il servo che mette la sua moneta sottoterraperché ha paura del suo padrone, mi ha spinto a cercare i doni che il Signore mi ha dato per non sprecarli o annullarli e ho scoperto che donare tempo a chi è in difficoltà a causadella malattia o della disabilità, rispondeva al mio bisogno. Marta e Maria, l’azione e la riflessione, mi hanno portato a capire che mettere a disposizione anche le mie competenze professionali, non solo in ospedale, è il mio modo per vivere la mia fede, perché essere battezzati e andare a Messa tutte le domeniche è importante ma non sufficiente.
Ripercorrendo la mia storia con Gesù mi rendo conto che è cominciata molto molto presto, fin dalla più tenera età. Sono nata all ombra del campanile nel senso più letterale del termine, perché la mia casa a Pontecchio si trova proprio di fronte, in una famiglia profondamente cristiana e praticante ed era naturale, frequentare la parrocchia. Quando avevo dodici anni, il mio papà si è ammalato e dopo due anni di sofferenze, è mancato. Il grande dolore provato in quel momento potevatrasformarsi in rabbia edisperazione. Ma grazie al mio parroco di allora, don Elio Beltrame, alle suore e alla comunità parrocchiale, ho trovato forza, serenità e pace. Ho incontrato Gesù in tutti questi volti, che mi hanno permesso di crescere e di capire che dovevo fare un lavoro in ambito sanitario, ho seguito questa intuizione eattualmente sono infermiera all ospedale di Schiavonia.
Poi nell’allora gruppo giovani, tramite il papà di uno di noi, abbiamo scoperto l’esperienza di Lourdes con l’Unitalsi. E con don Luigi Lovato nostro parroco in quegli anni, in una decina di giovani, abbiamovissuto il primo pellegrinaggio di servizio nella città francese. E alla Grotta di Massabielle mi sono sentita a casa, accolta da una madre che mi stavaaspettando per portarmi a Quella sana inquietudine che ha trovato sollievo e pace nell aiuto ai più bisognosi glio. Da allora, non senzadifficoltà e qualche momento di crisi, non ho più smesso didedicare tempo e risorse fisiche per stare accanto a chi non può farcela da solo. Nel 1996 sono entrata a far parte di Unitalsi, nel 2015 sono diventata responsabile della sottosezione di Rovigo e poi di AdriaRovigo dopo la fusione dei due gruppi. In quasi trent’anni di servizio nelle situazioni difficili che ho incontrato e vissuto, quel Gesù che ha trasformato la mia vita, mi ha sempre fatto incontrare persone che mi hanno sostenuto e aiutato a trovare la giusta soluzione.
Essere parte di Unitalsi significa accompagnare la fragilità e la malattia all’incontro con Dio, Significa, cioè, ascoltare il Vangelo dall’altare più scomodo e difficile e poterlo mettere in pratica. Avendo il dono di poter prestare le mie mani, le mie gambe, i miei occhi a chi ne ha necessità, ho il privilegio di incontrare praticamente un Dio che come dice sempre Papa Francesco, si riconosce nella carne sofferente. Io posso aiutarefisicamente, maè chi vieneaccompagnato che porta all incontro con Dio. Significa ricevere molto di più di quello che agli occhi umani può sembrare unsacrificio, uno sforzo. Significatrovare la spinta per superare le inevitabili difficoltà delquotidiano, senza perdersi d animo, ma con rinnovato vigore.
Tra noi volontari è comune il pensiero che il pellegrinaggio annuale a Lourdes o a Loreto è la benzina che alimenta il motore per tutto l anno: con altre parole posso affermare che accompagnare la fragilità e la malattia all incontro con Dio, è sentirsi accompagnati da amici in difficoltà a conoscere e amare un Dio che è sempre Padre che ama e da forza nonostante tutto. L’esperienza con l’Unitalsi mi ha insegnato e mi stainsegnando ancora tanto. Ogniattività, pellegrinaggio eavventure che viviamo insieme mi permette di riscoprire labellezza della fragilità, che avolte può diventare una risorsa per crescere. Io stessa in questi anni sento di essere molto cresciuta, di aver donato e aver ricevuto tanta vita di cui sono grata al Signore.
Avvenire – Edizione La settimana
Pubblicato il 2 Maggio 2023