Le Sezioni dell’Unitalsi Triveneta ed Emiliano Romagnola si sono ritrovate all’isola di Albarella da venerdì 3 a domenica 5 maggio per un incontro di formazione e di fraterna condivisione, È emersa da subito la piacevolezza d’incontrarsi di persona, la voglia di parlarsi e raccontarsi, assaporare l’amicizia e la fraternità in un luogo immerso nel delta del Po e sulle rive della laguna veneta, in una natura ancora incontaminata e splendidamente curata. Venerdì pomeriggio abbiamo iniziato con dei resoconti degli animatori che hanno ripercorso alcune tematiche dell’anno, soffermandosi sui simboli del logo di quest’anno e sul significato dell’invito di Bernadette “Che si venga qui in processione “. I percorsi, i simboli, le tappe dei pellegrinaggi a Lourdes nel 2024
La giornata del sabato è stata dedicata interamente a tre diversi momenti di formazione. Il prof. Antonino Nieddu, geriatra referente medico Sarda nord, ci ha introdotti nel mondo dell’anziano trattando, “La fragilità e l’approccio alla persona anziana con decadimento cognitivo”.
E non è stato tanto un addentrarsi nello specifico delle varie patologie, se non per quel che serve a comprenderne meglio la diffusione e la conoscenza, quanto l’affrontare un aspetto che ci vede tutti coinvolti nelle relazioni e che, anche come unitalsiani, ci inducono ad accompagnare, a stare accanto, a prenderci cura. Significativo il riferimento ad una affermazione di papa Francesco al recente incontro con Azione Cattolica che ha invitato a“ … saper stringere a voi e sorreggere ogni fratello bisognoso, con braccia misericordiose e compassionevoli, da laici impegnati nelle vicende del mondo e della storia… formati e competenti in ciò che riguarda le vostre responsabilità” I malati con patologie della sfera cognitiva risultano in crescente e costante aumento, soprattutto dopo la pandemia Covid, che ha funzionato da acceleratore delle varie disfunzioni.
Inoltre, è ormai assodato che solitudine e depressione favoriscono lo svilupparsi della demenza. Ma per concretizzare anche un possibile orizzonte di prevenzione per tutti, Nieddu ha fatto riferimento a molti elementi che, se applicati alla quotidianità, riducono la possibilità dell’insorgenza della malattia: il mangiar sano, l’esercizio fisico costante, un ambiente ricco di verde e silenzioso, l’amplificarsi delle relazioni sociali, il leggere e scrivere molto, l’imparare cose nuove, ballare, ascoltare musica, fare volontariato, andare a teatro, aprirsi alle moderne tecnologie, ecc. … Ha sottolineato poi l’importanza del ruolo del medico che non deve essere (solo) un somministratore di farmaci, ma capace di ascoltare, fungere da facilitatore di relazioni e dispensatore di sorrisi. Ha suggerito inoltre alcuni atteggiamenti utili da applicare di fronte a persone affette da tali disturbi: rassicurare, gratificare anche per piccoli progressi, non essere intransigenti riguardo a convinzioni sbagliate, mostrare apprezzamento per le loro affermazioni, usare senza alcun limite la gentilezza, proteggere dalla sofferenza e garantire nella dignità.
Particolarmente toccante il riferimento all’immagine del “Cristo dell’impotenza” presente nella chiesa di sant’Egidio a Trastevere, dove, come dice il cardinale Matteo Zuppi, “le braccia siamo noi, che possiamo sollevare, abbracciare, consolare, chi è nella sofferenza”
A seguire l’intervento del prof. Gianfranco Maglio che insegna filosofia del diritto alla facoltà teologica del Triveneto: ci ha introdotto a quella che la CEI chiama “la sera della vita” con una relazione dal titolo “La morte e il diritto: una riflessione etico-filosofica”. Senza entrare nel merito di situazioni che per qualcuno implicano scelte individuali drammatiche e guardandoci bene dall’esprimere giudizi di alcun tipo, Maglio ha cercato di esplorare il mondo variegato del diritto, affrontando l’aspetto fenomenologico della morte e spaziando lungo il pensiero di vari filosofi, da Sant’Agostino a Platone, da Tommaso d’Aquino a Epicuro. Vita e morte sono strettamente collegate.
Suggestiva l’immagine proposta di arco e cerchio: nel primo l’esistenza sembra interrompersi e sprofondare nel nulla, nel secondo da una vita che porta alla morte si passa alla morte che porta alla vita, completando così un evento che si colloca nella sfera della vita. A detta dello stesso Maglio, il tentativo del suo intervento era proprio quello di suggerire domande perché non sempre ci sono risposte per tutto, e l’invito ad aprirsi al confronto e al dibattito, senza trincerarsi dietro ideologie e posizioni intransigenti. Che significa, allora, prendersi cura del morente? Esiste il diritto a morire? E a far morire? Se il diritto è al servizio della vita come posso dire che morire è un bene? Alla morte va lasciata la sua libertà perché non ne siamo e non ne saremo mai i padroni. Essa è un evento naturale e di per sé non andrebbe tradotta in una norma giuridica. Nella mattinata ci ha fatto visita anche il vescovo di Chioggia, mons. Giampaolo Dianin, che ha voluto con la sua presenza darci il benvenuto nella diocesi di cui è pastore. Un incontro particolarmente gradito e apprezzato.
Nel pomeriggio alcune ore di svago per tutti: una parte di noi si è recata, in barca, a visitare l’orto botanico presente di Porto Caleri; l’altra, con le biciclette messeci a disposizione dalla struttura, ha percorso le strade che circondano l’isola, tra vecchie ville venete e valli da pesca, dove hanno trovato dimora oltre 150 specie di uccelli selvatici tra cui gli spettacolari fenicotteri.Abbiamo poi ripreso i lavori nel pomeriggio con mons. Rocco Pennacchio, nostro assistente nazionale, affrontando il tema del servizio, declinando e approfondendo una frase contenuta in uno scritto del pastore protestante Dietrich Bonhoeffer: “Solo se è un peso l’altro è veramente un fratello e non un oggetto da dominare”.
Partendo dalla parabola dei quattro amici-barellieri che scoperchiano il tetto della casa per riuscire a calare il lettuccio dell’amico paralitico (ma è la stessa umanità che è paralitica perché mortificata da scelte sbagliate di vita), e portarlo davanti a Gesù (Mc 2,1-12), don Rocco sottolineava alcuni aspetti peculiari di questo brano: l’intraprendenza degli amici che, volendo cercare una soluzione, incuranti delle reazioni e disposti a un dinamismo creativo e a gesti non ordinari, fa sì che siano essi stessi compartecipi di una guarigione-salvezza (“vista la loro fede”). Gesù risponde anche in questo modo alla credenza diffusa di ritenere la malattia un castigo divino e agli scribi che non credono alla sua capacità di perdonare soggiunge: «Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua». Dimostrando così che è molto più facile operare una guarigione piuttosto che perdonare un peccato. Significativo anche il silenzio che contraddistingue la scena: nessuno parla, né il paralitico, né gli amici, né la folla, gli stessi scribi non parlano ad alta voce ma ragionano “in cuor loro”: contano i gesti e le azioni. Venendo alla citazione di Bonhoeffer don Rocco rileva che la responsabilità di riconoscersi fratelli si costruisce giorno dopo giorno, attraverso percorsi a volte impegnativi, perché pratica l’ascolto, implica l’accoglienza vicendevole e l’accettazione delle reciproche alterità e differenze. In tutto questo occorre anche considerare la dimensione verticale, cioè il far riferimento a un Dio che ci è Padre e che consente a tutti gli uomini di riconoscersi fratelli, che siano credenti o meno. Condividere le proprie debolezze, “portare i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2), è il primo passo per condividere la prossimità ed essere comunità.
Alla sera il gruppo rock “The Sun” ci ha emozionati con un concerto testimonianza, dove a turno i vari componenti della band si sono raccontati mettendo a nudo la loro incredibile conversione, pur faticosa e drammatica: da un passato di buio e di sregolatezza a un presente di “luce” e di pienezza di vita. Francesco, Matteo, Riccardo, Gianluca, fino al 2007 componenti di una band punk rock che spaziava con i suoi concerti dall’Europa al Giappone, entrano in una sorta di crisi esistenziale, esasperati dall’illusione di avere tutto a portata di mano e da ritmi di vita sempre meno in grado di rendere liberi e felici. Loro stessi parlano di “relazioni falsate, bugie, ubriacature moleste, camere di hotel sfasciate, compromessi, abuso di droghe e di piaceri che piano piano li svuotano”. Ad iniziare da Francesco, il cantante e chitarrista del gruppo, prende corpo per caso o per “vie che non sono le nostre”, un percorso di avvicinamento alla fede. È una svolta delle loro esistenze e del loro modo di far musica: i testi vengono interpretati in italiano e non più in inglese, il loro contenuto parla delle loro esperienze personali, le parole guardano al sole, alla luce, al positivo. Nei loro concerti riflettono, insieme ai ragazzi e agli spettatori delle loro esibizioni, sul valore della vita, della musica e dell’amicizia. Il clima della serata, dapprima emozionato e commosso per le loro toccanti testimonianze si è via via sciolto in un luccicare di telefonini, in un battere le mani a ritmo e un invito a ballare che ha coinvolto tutti, dalle persone in carrozzina presenti, allo stesso mons. Rocco. Serata sorprendente e di una ricchezza rara.
Il video messaggio di Francesco Lorenzi, leader della rock band, The Sun , lasciato all’Unitalsi in occasione del gemellaggio ad Albarella, tra la Sezione Triveneta ed Emiliano Romagnola.
Presente anche un piccolo gruppo di giovani accompagnati da don Riccardo Redigolo, responsabile della Pastorale Giovanile della diocesi di Venezia. Domenica mattina l’Eucarestia, celebrata nella chiesa all’aperto in una splendida giornata di sole, ci ha visti condividere il nostro “GRAZIE” per l’opportunità di questo incontro, per i volti incontrati, per il clima di vera amicizia, per il richiamo alla bellezza della natura. Il vangelo del giorno è sembrato aver messo il suo sigillo: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio” (Gv 15,9-17). Il vescovo Rocco ha poi ricordato e invitato a pregare per l’imminente pellegrinaggio dei bambini a Lourdes.
L’ultima parte del mattino, sintetizzata nella frase “Incontriamo gli amici che ci stanno dando una mano. Lourdes: un’opportunità per tutti di sentirsi a casa” è stata dedicata al racconto del nostro operare, delle nostre peculiarità, alla descrizione delle case e delle strutture che ci accolgono, approfittando anche della presenza di alcuni amici-sponsor che ci hanno sostenuto e dato una mano in questi anni.
L’esperienza vissuta ci ha arricchiti di ulteriori stimoli, dandoci modo di verificare quanto una fraternità può far condividere non solo le fatiche e le ansie ma anche, ed è quel che più conta, le forti motivazioni di tutti a continuare sulla strada di una vita associativa che unisca carità, servizio e passione. Perché, essere pellegrini e viandanti di questo mondo, significa anche sfidare la forza della consuetudine e far sì che ogni germoglio che avrà trovato un terreno che l’accoglie, diventi frutto maturo e messe abbondante.
Roberto Maurizio, Consigliere Nazionale
Pubblicato il 7 Maggio 2024