A Mantova, come Simone di Cirene accanto a chi ha perso una persona cara

In questa emergenza spesso non si ha la possibilità di un ultimo saluto da dare a un parente o a un amico: è per questo che è nato un gruppo di ascolto telefonico che offre conforto

Un gruppo di ascolto, al telefono, per dare conforto a chi ha perso una persona cara. Vicini nella sofferenza come Simone di Cirene, che secondo il Vangelo portò la croce di Gesù nella salita al Golgota. L’iniziativa arriva dalla diocesi di Mantova: l’obiettivo è favorire l’elaborazione del lutto, aiutare le persone a ritrovare serenità. La morte di un familiare o di un amico è un’esperienza che ciascuno affronta nella vita e accettarla non è facile. Specie in questo periodo: a causa dell’alta contagiosità del Sars-Cov-2, manca spesso la possibilità di un ultimo saluto e non viene celebrato il funerale in modo pubblico. Ecco perché può essere decisivo l’aiuto dei ‘Cirenei del lutto’, pronti ad ascoltare e a dare conforto. Sul sito www.diocesidimantova.it è stato pubblicato l’elenco delle persone disponibili per questo servizio. Per ciascuno di loro viene indicato un numero di telefono e l’indirizzo mail. Il gruppo è variegato: comprende psicoterapeuti, medici volontari dell’Unitalsi, coppie di sposi, religiose e sacerdoti.

Li accomuna una forte sensibilità, sviluppata in ambito lavorativo, nata da una vocazione o da esperienze dirette. «Desideriamo essere vicini nella sofferenza – scrivono i volontari –. In questi giorni molte persone fanno l’esperienza della morte che come un ladro viene in modo veloce a rubarci gli affetti, senza possibilità di un congedo, una preghiera, un lutto condiviso. Nelle parrocchie ci sono molte persone che aiutano a portare le croci degli altri. Possono rappresentare un aiuto per dare voce a chi rischia di non avere più lacrime, tanto è immerso nel dolore».

Davanti alla morte, uno dei bisogni più sentiti è la vicinanza umana. «Quando perdiamo le persone care rischiamo di essere smarriti – afferma don Gianni Grandi, vicario episcopale per la Pastorale – e l’isolamento attuale rende tutto ancora più pesante. Nessuno però deve sentirsi abbandonato, perché quando ci sentiamo amati la vita acquista un altro senso. Questi mesi di chiusura possono essere un’occasione per noi cristiani di aprirci agli altri».

Il tema del rapporto con la morte è stato affrontato anche dal vescovo Marco Busca, nel ‘Discorso alla città’ tenuto mercoledì, festa del patrono di Mantova: «L’assenza dell’esperienza pubblica del cordoglio può farci regredire a un rapporto con la morte ancora più privatizzato. Bisogna aiutare a ‘risignificare’ il dolore dei parenti e anche dei medici che hanno sotto gli occhi lo strazio di queste morti». Busca si era rivolto agli «esperti dell’anima»: rappresentanti delle religioni, psicologi, educatori. «Attrezziamoci per aiutare le persone a far salire il loro grido interiore e nascosto di dolore. È il servizio di una cura pubblica dell’anima che è tanto importante quanto la cura messa in atto per contrastare la pandemia».

Roberto Dalla Bella – Avvenire 


Pubblicato il 23 Marzo 2020