Da venerdì 19 a domenica 21 aprile si è tenuto a Scampia (Napoli) il convegno annuale di Pastorale delle persone disabili, organizzato da suor Veronica Donatello e dal suo staff. Il titolo è già di per sé indicativo e rivelatore: “NOI, NON LORO. IN OGNI STAGIONE DELLA VITA”. Perché, sottolineava mons. Baturi (segretario generale CEI), ogni stagione della vita è bella nelle sue varie e diverse declinazioni e, dal momento che “non è bene che l’uomo sia solo”, occorre abbattere ogni forma di estraneità, riconoscendosi in un “noi” dove “mio” e “tuo” sono parole fredde che introducono nel mondo inimicizia. L’arcivescovo di Napoli mons. Battaglia ha fatto notare come riflettere sulla disabilità in un luogo simbolo quale Scampia, segnato da degrado e criminalità possa, in ogni caso, essere anche segno di primavera, di speranza, perché la società può assumersi l’impegno di rinascere solo a partire dalle periferie, recuperando così il senso di comunità e di solidarietà, coltivandone l’ appartenenza e facendo in modo che il “noi” diventi la vera politica, pur nella convivialità delle differenze (don Tonino Bello).
Molte le sollecitazioni giunteci che, per ragioni di spazio, non è possibile riportare integralmente: dal riuscire a ricomporre i frammenti e mettere sempre al centro la persona come opportunità e valore aggiunto (ministro per la disabilità Alessandra Locatelli), al cercare sempre il dialogo e il confronto, non per essere gratificati da una “mancia” ma per pretendere dei giusti diritti (Falabella, presidente F.I.S.H.). Suggestivo il racconto di mons. Palmieri (vescovo di Ascoli) che riproponeva quanto detto da un ragazzo: “Dio è autistico” perché come chi ne è colpito, non ha bisogno di parlare ma comunica con mezzi non consueti come lo sguardo, la tenerezza, il respiro, l’attenzione, la carezza.
Don Mattia Magoni (docente scienze religiose Bergamo), scherzando, ci ha fatto sorridere comunicandoci (ha detto: “spero di non spoilerare il finale”) che Dio è risorto, ma pur da risorto si presenta ai suoi con le piaghe, perché le ferite della “passione” non scompaiono ma permangono, rappresentano la sua disabilità. È per questo che tutti, in modo particolare le persone fragili hanno la possibilità di raccontare qualcosa di Dio. Nella giornata di sabato si è entrati nello specifico delle transizioni evolutive.
BAMBINI
Di ognuno di loro ogni battezzato dovrebbe sentire la responsabilità di farsi accompagnatore nella fede, esercitando una catechesi che diventa un vero e proprio atto educativo e contribuendo, in questo senso, a realizzare insieme quel progetto di vita che è liberare la vocazione di ognuno (prof. Roberto Franchini, Endo-Fap). Perché ogni bambino con disabilità ha in sé germi di vita e, sia pur dentro le differenze, fa trasparire l’unità (dott.ssa Zanella, La nostra famiglia).
Toccante e struggente l’intervento di Maria Luisa Galli responsabile dell’associazione Amoris Laetitia di Bergamo che si occupa di case come luogo di cura e di accompagnamento di bambini con prognosi infausta, perché c’è uno sguardo di cura anche per l’anima di chi, piccolo paziente o genitore, sente il bisogno di essere accompagnato: ”Ogni volta che avete fatto qualcosa a qualcuno di questi piccoli l’avete fatto a me” Mt 25,40. Importante anche lo sport: Raffaella Bussetti ha fondato con il marito una scuola di calcio (Insuperabili) che accoglie bambini, a partire dai cinque anni, con problemi fisici e psichici, partecipando a dei veri e propri campionati, introducendoli ai valori di squadra ed educando i giovani alla diversità.
ADOLESCENZA
Un turbine pieno di disorientamento che spazza via in un attimo le competenze e quanto si era assimilato fin da bambini; ma proprio in questa situazione i valori possono rappresentare un faro che illumina attraverso le tempeste. Nell’adolescenza si mettono a terra, comunque, dei semi importanti per i progetti di vita e serve essere bravi nel valutare le preferenze di chi le manifesta a suo modo: lì dove qualcuno può esprimere il suo irrefrenabile desiderio per la cioccolata, altri lo rivendicano nei confronti di una gentilezza, o della pace nel mondo, o della preoccupazione climatica. Punti di vista che possono sembrare non equivalenti ma che rappresentano il fatto che sono le persone a dare valore alla preferenza espressa. C’è in questa fase della vita il desiderio di orientarsi, un bisogno di buon senso e di competenza (Giovanni Miselli, psicologo). Il buono, il vero, il bello sono già presenti nell’adolescente e nell’adolescente con disabilità in particolare, ma è necessario che chi “accompagna” intuisca di ognuno il talento; ne sostenga e voglia scommettere sul suo desiderio, che va guardato con delicatezza e attenzione; il cui cammino rappresenti una condivisione, in primo luogo da parte della comunità cristiana; si insista sulla responsabilità e la responsorialità, intesa come risposta dell’uomo a una vocazione che ha dentro di sé; venga privilegiata la vocazione, l’essere chiamati alla santità, il cercare un orientamento, una direzione comune a partire dai talenti di ognuno (don Samuele Ferrari, professore catechetica Milano)
Particolarmente forte e incisivo l’appello lanciato da don Fortunato Di Noto per un uso consapevole dei social, per una pastorale digitale attenta e capace di vigilare sulle cosiddette periferie digitali e tale da non far naufragare nel mare dei messaggi e delle sollecitazioni di ogni tipo. Per don Domenico Fidanza educare i giovani nella vita cristiana si incarna oggi nella scelta profetica che si realizza nell’accoglienza e nell’ospitalità: “l’unica profezia oggi davvero possibile è il cammino”.
ADULTI
È l’età in cui comincia davvero a prendere forma il progetto di vita. Il sentire sociale rispetto alla disabilità si sta oggi modificando, per fortuna in senso positivo: c’è stata per esempio in questi ultimi anni una crescita esponenziale di iscrizioni all’università da parte di giovani disabili: una situazione davanti alla quale ci si è dovuti attrezzare e che testimonia, almeno in parte, come ci siano meno resistenze a manifestare la propria fragilità (prof. Guido Migliaccio, Università del Sannio). Anche il mondo del lavoro si sta muovendo in questo senso: Gianmarco Fissore ha il compito, all’interno del gruppo Lavazza, di disability manager, figura che si occupa di inserire le persone disabili all’interno dell’azienda. Mauro Tosidi Banca Mediolanum ci fa sapere che la sua banca investe 7,5 milioni di euro per rendere accessibili, a tutti, i suoi prodotti, perché la richiesta può arrivare da qualsiasi tipo di persona e la sola introduzione, per esempio, di messaggi nei prelievi per chi non vede o visivi per chi non sente, ha permesso a molti di sentirsi non discriminati.
ANZIANI
Il prof. Tiziano Gomiero (Consiglio Direttivo Alzheimer Trento) ci ha fatto una panoramica sul significato dell’invecchiare, in modo particolare, della persona disabile. Il declino cognitivo inizia già tra i 20 e i 30 anni e dovremmo parlare più che di invecchiamento, di invecchiamenti, perché ci sono parti del nostro corpo che si deteriorano in modi e tempi diversi. Per questo è importante insegnare alle persone con famigliare affetto da disturbo neurodegenerativo a “stare accanto”, ad “accompagnare”, imparando a mettere in atto gli strumenti necessari per affrontare la situazione.
Don Carmine Arice sottolineava che scienza, amore e competenza sono qualità necessarie per relazionarsi con le persone anziane con disabilità; teniamo conto che nel 2050 l’Italia, si prevede, diventerà il terzo paese al mondo per popolazione anziana. C’è comunque la possibilità che il processo di invecchiamento e il tempo dell’anzianità, pur sfociando inevitabilmente nella morte, diventi un laboratorio di grazia, perché dobbiamo pensare l’uomo nella sua interezza, che è anche vita spirituale (dott.ssa Strazzacappa, geriatra).
TAVOLI
Con Enrico ci siamo iscritti a quello su Turismo Sport, tempo Libero e Lavoro. Il giornalista Claudio Arrigoni che si occupa di sport per il Corriere della Sera ci faceva notare come lo sport paralimpico cambierà la nostra percezione del mondo, esistendo già oggi 650 milioni di persone con disabilità. Ne è stato testimone Oney Tapia, simpaticissimo atleta paralimpico medaglia d’argento nel lancio del disco ai Giochi paralimpici di Rio de Janeiro nel 2016.
Alcune criticità dovremo riuscire a risolverle, e questo interessa anche l’Unitalsi, già a partire dal prossimo giubileo del 2025, in occasione del quale si prevede a Roma l’arrivo di 6.000.000 di persone con disabilità (Dino Angelaccio, Giubileo for all).
La nostra Federica Postiglione, presidente dell’Unitalsi campana, ha partecipato l’impegno dell’associazione proprio nei confronti delle fragilità e, in questo particolare frangente, dei più piccoli che si recheranno in Pellegrinaggio a Lourdes il prossimo 16 maggio. A questo proposito una piccola significativa divagazione: Enrico ed io siamo stati invitati a cena da Federica a casa Sveva e lì abbiamo potuto essere testimoni non solo di quanta vita e di quanto cuore siano impregnate le nostre “case” e quanti se ne occupano con passione, ma anche di un vero e proprio miracolo, reso possibile anche dalla medicina ma soprattutto da chi si prodiga per tentare ogni possibile strada che faccia ritornare un po’ di speranza. Abbiamo festeggiato un bimbo e la sua famiglia che il giorno dopo sarebbero potuti tornare a casa dopo un lungo e faticoso periodo fatto di interventi e chemioterapia: il tumore sembra essere stato eradicato e le metastasi essersi risolte.
Per tornare al convegno, ci sono “regole” che valgono per tutti e, in particolare, per chi ha una disabilità: rendere esigibile il diritto alla bellezza, avere accesso non soltanto a un luogo ma a contenuti ed esperienze, vivere serenamente la propria affettività e sessualità.
Le conclusioni sono state affidate a don Gianluca Marchetti (sottosegretario CEI) e alla nostra Maria Rosaria Duraccio, che hanno invitato a guardare al futuro con fiducia e a considerare come, già a partire da oggi, si stia costruendo il “dopo di noi”. Don Gianluca ha fatto questo paragone: noi riusciamo a vedere alla sera la luce di stelle già morte e continuiamo a vederla, quella luce, perché deve ancora esaurire il suo cammino in quanto lontana da noi milioni o miliardi di anni luce. Quello che noi facciamo oggi qualcuno per certo lo vedrà domani. Dio ci ha dato un corpo, non sempre perfetto, e dentro ci ha messo la vita con lo scopo di farne un’opera d’arte. Dalla malattia non si guarisce ma dalla disabilità sì, perché si tratta di una condizione esistenziale.
CELEBRAZIONE CONCLUSIVA DI DOMENICA
La S. Messa conclusiva è tata celebrata nel duomo di Napoli da mons. Battaglia: suggestiva la drammatizzazione del brano evangelico da parte del gruppo di ragazzi disabili “Fede e luce” che ha messo “in scena” il racconto del buon pastore. Dell’omelia del vescovo mi piace raccontare l’aneddoto da lui stesso esplicitato. Qualche tempo prima aveva ricevuto in episcopato cinque persone che lo avevano esortato a procurare loro un lavoro; aveva cercato di far capire che tutto ciò non rientrava nelle sue possibilità ma che avrebbe potuto comunque impegnarsi a bussare, insieme a loro, a qualche porta per cercare di ottenere qualcosa. Come spesso capita in questi casi, si spera di ottenere tutto e in breve tempo: quanto successo lasciò comunque al vescovo l’amaro in bocca e la frustrazione per non aver potuto soddisfare almeno in parte la richiesta. Nel pomeriggio incontrò un gruppo di sacerdoti della diocesi e, anche in questo caso, dovette fare i conti con i molti problemi, personali e non, che i suoi presbiteri gli sottoponevano e che non sarebbe comunque riuscito a risolvere.
Nella sua cappella, davanti al crocifisso, provò a parlarne a tu per tu con Dio per cercare di avere una luce, un segno, ma non accadde nulla. Alla sera, doveva recarsi in casa di amici a cena, in una famiglia dove viveva anche un figlio di quindici anni in carrozzina. Non ne avrebbe avuto voglia, perché sconcertato e deluso per quello che aveva vissuto nella giornata: alla fine decise comunque di andarci. I saluti, i soliti convenevoli, poi il ragazzo chiese di potergli cantare una canzone che amava particolarmente, Meraviglioso di Domenico Modugno. C’è in essa un passaggio che dice “Perfino il tuo dolore potrà apparire poi meraviglioso”. A quel punto il vescovo scoppiò a piangere, abbracciò e baciò il ragazzo, gli mise al collo la sua croce pettorale e lo ringraziò rendendosi conto che quella era la risposta di Dio e che, alla fine, anche quando ti sembra che tutto precipiti, Dio trova ancora modo di farti comprendere che, anche se “le tue vie non sono le sue vie”, è al tuo fianco per sostenerti e indicarti una strada possibile.
di Roberto Maurizio, Consigliere Nazionale
Pubblicato il 23 Aprile 2024