Carissimi amici e amiche dell’Unitalsi, ho letto che, nella lingua ebraica, il termine che in italiano si traduce con beatitudine, felicità dell’uomo, ha la stessa radice (‘ashar) del verbo camminare. Per l’autore sacro, beato è colui che cammina nella vita, che è il percorso necessario per riscoprire se stessi e il senso dell’esistenza: cogliere il senso della vita ci rende felici. Per un cristiano il senso, la direzione di marcia è Cristo. È lui che continuamente cerchiamo, è lui la speranza certa della nostra vita; con Lui, l’esistenza non è una penitenza insopportabile ma un’esperienza beata, è lui che ci accompagna e insieme ci attende alle soglie dell’eternità.
Noi unitalsiani sperimentiamo continuamente che la vita può essere beata, che la beatitudine può accompagnarsi alla fatica della sofferenza, all’incertezza del futuro; ce lo confermano i volti delle tante persone ammalate che affrontano con dignità le difficoltà quotidiane, che non cedono alla rassegnazione, che offrono con gioia le loro sofferenze per la conversione del mondo. Se viviamo così, dire che siamo pellegrini di speranza non è una frase ad effetto o uno slogan ma è il modo di affrontare la vita concreta, le relazioni con gli altri, la nostra vita associativa. Siamo grati alla Chiesa e all’Unitalsi che in quest’anno giubilare ci stanno prendendo per mano, offrendoci tante occasioni formative perché diventiamo sempre più consapevoli dei tesori di grazia di cui siamo stati arricchiti. Già lo scorso anno, il tema “si venga qui in processione” ci chiese di concentrarci su ciò che ci caratterizza.
Quest’anno scopriamo che il pellegrinaggio non è un cammino qualunque ma di speranza, sostenuta e arricchita dalla vicinanza della Vergine Maria e dall’esempio di santa Bernadette. Sono loro le compagne di viaggio che ci conducono a Cristo, la mèta della nostra speranza. Chiediamo loro di esserci vicine perché il pellegrinaggio nazionale non sia semplicemente una piacevole consuetudine alla quale forse ci siamo anche abituati, ma un’occasione sempre nuova per convertirci, pregare, condividere in fraternità le gioie e le sofferenze.
La speranza è al centro del nostro pellegrinaggio ma come parlare di speranza in Palestina, in Ucraina? Sentiamo insopportabile la violenza dei conflitti che causa la sofferenza e la morte di popoli innocenti; vorremmo poter fare qualcosa di concreto per costruire la pace ma ci sentiamo impotenti; nel nostro piccolo, il pellegrinaggio nazionale riserverà uno spazio importante di riflessione e di preghiera per manifestare in qualche modo la nostra solidarietà spirituale con tutti i popoli in guerra. Nella quotidianità ci impegneremo a rinnegare ogni forma di giudizio, di contrapposizione, aggressività, atteggiamenti che sono alla base di ogni forma di violenza. Ringrazio tutti, pellegrini, sacerdoti, volontari, per la generosità e l’impegno che anche quest’anno hanno profuso per accompagnare i nostri fratelli infermi davanti alla Grotta; non mi stancherò di ripetere che impegno primario della nostra Associazione è prendersi cura specialmente di quelli di cui gli altri non si prendono cura. Nessuno rimanga escluso dell’incontro con Maria e Bernadette. Un grazie particolare alla Presidenza Nazionale per l’impegno profuso nell’organizzare questo importante appuntamento annuale. Alle persone ammalate va la mia gratitudine per la testimonianza che continuamente ci offrono e invoco per tutti grazie speciali e guarigioni dello spirito.
Mons Rocco Pennacchio, Assistente Nazionale Unitalsi
Pubblicato il 23 Settembre 2025