Mons Palmieri ha presieduto la messa eucaristica del pellegrinaggio alla Grotta di Lourdes
Nel Vangelo, la figura di Gesù inquieta Erode, che si interroga sulla sua identità. La sua domanda -“Chi è costui?”- attraversa i secoli e giunge fino a noi. Questa riflessione proposta, dal vice presidente della Cei e Vescovo di Ascoli Piceno Mons Gianpiero Palmieri, ai pellegrini del pellegrinaggio nazionale invitando a riconoscere la forza della Parola di Dio, che nessuna violenza può spegnere, e ci chiama a esserne portatori nel mondo, anche nella fragilità.
Erode è inquieto. Sente parlare di Gesù e ne è turbato. Si chiede: “Chi è costui?” Giovanni Battista? No, è impossibile. Giovanni l’ho fatto uccidere io. E allora chi è questo Gesù? Forse uno degli antichi profeti ritornato in vita? Perché questo Gesù dice la Parola di Dio, la proclama, la fa vivere. E questo lo scuote profondamente. Ricordate bene la fine di Giovanni Battista. La danza della figlia di Erodiade – non sua figlia, ma figlia del fratello, la cui moglie aveva preso come sposa, contravvenendo alla Legge. A quella giovane, dopo la danza, Erode promette: “Chiedimi ciò che vuoi, anche la metà del mio regno”. Istigata dalla madre, la ragazza chiede la testa di Giovanni. E lui, per non perdere la faccia davanti ai potenti della Galilea, gliela fa portare su un vassoio d’argento. Subito dopo questo brano, sapete cosa racconta il Vangelo? La moltiplicazione dei pani e dei pesci. Erode ha pensato: “Ho fatto tacere la Parola, ho tagliato la testa a Giovanni Battista”. Ma chi è, allora, questo che continua a far nascere la Parola nel mondo?
L’Apocalisse ci dice che una donna – immagine della Chiesa e di Maria – viene continuamente attaccata dal Drago rosso, eppure, anche mentre fugge nel deserto, continua a partorire. Così è la Parola di Dio: non si può fermare. Neanche la violenza, neanche il potere, neanche la morte possono impedirle di fiorire. Noi, agli occhi del mondo, sembriamo poveri, senza nulla. Ma se abbiamo la Parola di Dio nel cuore, possediamo tutto. Anche nella nostra fragilità – se siamo malati, feriti, su una carrozzina o piegati dalla sofferenza – se portiamo la Parola, siamo partecipi della vita di Maria, partecipi della vita della Chiesa, partecipi della vita di Dio. Per questo, possiamo partorire la Parola nel mondo: con le nostre parole, con i nostri gesti, con la nostra vita. E se portiamo la Parola nel cuore, arriva la pace. Sì, perché dove arriva la Parola di Dio, arriva la pace. E noi siamo al servizio della pace, perché portiamo al mondo la Parola. E così sia.
Pubblicato il 25 Settembre 2025