Sabato 21 novembre 2020, è scomparsa Elisa Aloi all’età di 89 anni. Nel 1958, durante il suo secondo pellegrinaggio a Lourdes dell’Unitalsi, accadde la guarigione miracolosa. Il racconto dalle parole di Elisa durante l’intervista realizzata da Filippo Anastasi per il docu-film: ‘L’ultima Miracolata’ andato in onda su TV2000. A seguire due testimonianze.
Il ricordo di Elisa Aloi, sorella di assistenza dell’Unitalsi, arriva anche dalle parole di Antonio Diella, presidente nazionale e di Nunzio Faranda, presidente della Sezione Sicilia Orientale a cui appartiene la Sottosezione di Messina, di cui Elisa ha sempre fatto parte.
“Non ricordo quando ho conosciuto Elisa Aloi – racconta Antonio Diella. Non è solo per difetto di memoria … avevo letto di Elisa, della sua malattia, della sua guarigione, del miracolo riconosciuto … incontrarla è stato come guardare stupefatto il mistero di Dio, che sceglie e non spiega, che interviene e stupisce, che ti scalda il cuore e te lo riempie di domande.
Elisa ha passato tutti questi anni, dopo il miracolo, a chiedersi il perché. Perché a lei. Senza psicodrammi o angosce, ma con quel senso di “immeritevolezza” che a volte traspariva da quel suo sguardo gentile e da quell’approccio sempre rispettoso che aveva verso tutti.
Elisa me la vedo davanti agli occhi a Lourdes, quasi difficile da individuare tra le tante sorelle in servizio o in processione, se non per la presenza discreta ma innamorata di suo marito Giovanni, che sembrava immensamente consapevole della unicità della storia di Elisa, ma soprattutto che la guardava ogni volta come perla preziosa circondandola di amore e di attenzione, stando quasi un passo indietro per non essere “ingombrante “.
Ma Elisa non ha passato la sua esistenza solo a chiedersi “perché a me”; ha riempito il suo cuore di un “grazie” che si è fatto gratuità, servizio, testimonianza di pacificazione, racconto -infinite volte- di quanto le era accaduto per seminare speranza; la sua divisa di sorella di carità e il suo amore per l’associazione erano l’espressione gioiosa della consapevolezza di un dono ricevuto per sé ma sempre anche per gli altri.
Mi piace pensare che quando Elisa ha chiuso gli occhi a questa vita, riaprendoli nell’eternità abbia visto per primo il volto sorridente e buono di Giovanni, perchè l’amore è davvero più forte della morte; e che Giuseppe l’abbia presa per mano… e che insieme siano andati incontro alla loro amatissima Vergine di Lourdes… e che Elisa abbia finalmente capito “perché a lei” e abbia sorriso, timida come sempre, cominciando a raccontare a Maria di noi, dei tanti sofferenti che ha incontrato, della tanta speranza di cui abbiamo bisogno.
Davanti alla Grotta abbiamo, per sempre, un’altra grande amica e sorella che prega per noi e con noi”.
“Scrivere queste righe per commemorare Elisa Aloi è un onore – dice con profonda commozione Nunzio Faranda. Riportare il pensiero al ricordo del suo sorriso, della sua fede, della sua dedizione mi scalda il cuore, allora forse lasciarla andare sarà meno doloroso, ogni tanto mi farò aiutare dalle sue parole, così mi sembrerà di stare ancora un’ultima volta insieme a lei.
Elisa Aloi è una storia incredibile, una storia triste e potente, una storia di sofferenza e sacrificio. Elisa Aloi è una storia miracolosa.
Rimane orfana a soli dieci anni e quando si ammala di tubercolosi osteoarticolare ne ha quattordici, una piccola ragazzina messinese di fronte ad una gigantesca malattia inguaribile. Trentatrè interventi in tredici anni fatti di ospedali e cicatrici, di gesso, e di immobilità, di solitudini e sofferenza.
«Non potevo muovermi dal letto per la febbre continua e per i dolori. In poco tempo il male si estese dal ginocchio al fianco destro e sinistro. Oltre alle operazioni, ero ingessata dal collo alla coscia, per cui dovevo stare completamente distesa a letto»
Elisa piange e prega, non può fare altre, lo scetticismo dei medici è definitivo e irremovibile, non guarirà.
Eppure accade. Accade a Lourdes quando aveva ventisette anni, accade tra l’incredulità della scienza e la speranza della fede: le dita dei suoi piedi strette dentro al gesso iniziano a sentirsi vive, con lei il Dott. Zappia, insieme stupiti comprendono la verità assoluta senza alcun dubbio: il sessantunesimo miracolo si stava compiendo ed era proprio il suo, toccava e lei. Elisa guarisce, la Vergine Maria le regala la possibilità meritata di un’altra vita, era il 1958. Il miracolo fu ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa nel 1965.
Da quel momento in poi la sua presenza come volontaria nella nostra Unitalsi sarà simbolo potente di esistenza divina, luce miracolosa per tutti noi.
Ho conosciuto Elisa grazie al Dottor Zappia, mio mentore, mio iniziatore, mio esempio di vita, avevo venticinque anni.
Ho iniziato il mio cammino unitalsiano come un giovane ragazzo preso da ciò che la vita può fare, un po’ per inerzia, un po’ per senso del dovere, invogliato a questa sfida dallo “Zio Lino” (già citato sopra come Dottor Zappia), più volte mi sono sentito fuori “posto” e avrei voluto essere altrove, poi Elisa sul treno bianco, Elisa e il suo sorriso, Elisa e la sua storia di speranza e preghiera accolta, Elisa e il mistero divino, che più mistero non è. Ho accolto la sua presenza nella mia vita come uno scolaro al primo giorno di scuola: ho imparato, ho appreso, ho compreso, ho assorbito da questa instancabile volontaria l’arte dell’amore per La Vergine Maria, l’arte dell’amore per l’altro, l’arte della carità. Mi sono sentito piccolo qualche volta al suo fianco, ma subito lei tendeva la mano e io ho capito allora che quello era davvero il “posto” giusto.
Amava raccontare della sua guarigione, non era né un’opera di convincimento, né un protagonismo, era una possibilità che la vita offriva, esattamente così: ascoltarla era un’occasione che tutti noi avevamo, un’occasione che non mancava mai di essere colta al volo e come tutte le buone occasioni lasciava il segno.
Così Elisa cara posso in ultimo salutarti qui, tra queste righe, sono certo di parlare a nome di tutti i fratelli unitalsiani dicendo che in noi il segno, il tuo “segno” sia ben inciso sul cuore. Che fortuna averti incontrata.
Pubblicato il 24 Novembre 2020